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5 franchise che avrebbero dovuto fermarsi dopo il primo film

5 franchise che avrebbero dovuto fermarsi dopo il primo film
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Non tutti i grandi film sono fatti per avviare una saga! Lo dimostrano questi 5 franchise cinematografici, che avrebbero proprio dovuto concludersi dopo il primo capitolo (ma non l’hanno fatto)!


Alcuni film sono pensati per avere un inizio, uno svolgimento e una fine chiari, e funzionano perfettamente come episodi unici. Allungare il brodo ad ogni costo sembra, in tutto e per tutto, avidità mascherata da ambizione creativa. Tuttavia, a Hollywood, dove gli incassi contano più della logica narrativa, titoli che avrebbero dovuto esaurire il proprio arco narrativo in un unico episodio si sono trasformati in franchise. Eccone 5 che hanno avuto un inizio brillante, ma sequel ripetitivi e persino imbarazzanti. E che dimostrano che capire quando fermarsi è un’abilità che gli studi cinematografici non ha ancora imparato.

Matrix

Il primo Matrix (1999) è uno di quei film che ha cambiato le carte in tavola: ha mescolato azione, filosofia e fantascienza in un modo rivoluzionario per l’epoca, con uno stile visivo che rimane iconico e idee stimolanti su realtà e controllo. Raccontava una storia completa: Neo (Keanu Reeves) scopre la verità, abbraccia il suo ruolo e diventa l’eletto. Fine della storia. I sequel sono stati realizzati sulla scia del monumentale successo dell’originale, ma hanno sbagliato in tutto ciò che il primo aveva fatto magistralmente. L’azione è andata fuori tema e persino i dialoghi hanno perso la propria forza, sostituiti da un’esposizione goffa e confusa. Quel che era profondo è diventato pretenzioso, e quel che era avvincente si è trasformato in noia. Invece di espandere l’universo in modo significativo, i capitoli successivi hanno privato l’originale del suo smalto. E non dimentichiamo che c’è un quinto Matrix in lavorazione: ma perché?

5 franchise che avrebbero dovuto fermarsi dopo il primo film

Venerdì 13

Venerdì 13 (1980) è un pilastro del genere slasher. È un horror semplice ma efficace, con una solida suspense e un finale a sorpresa che non delude. Funziona come una storia di vendetta con un pizzico di psicologia e, se si fosse concluso lì, sarebbe stato ricordato come un capolavoro del genere. Invece no: il successo commerciale ha spinto Jason Voorhees, un personaggio che nell’originale appare a malapena, a diventare il volto di una saga che non aveva più nulla da offrire. Da quel momento in poi, il franchise si è trasformato in una sfilza di uccisioni creative prive di sostanza, che riciclano la stessa formula più e più volte. Jason è diventato un cattivo improbabile, riportato in vita innumerevoli volte e persino arrivato nello spazio. Ogni senso di pericolo reale si è dissolto in una mera macchina da soldi, tenuta in vita più dal suo nome e dalla curiosità del pubblico.

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Die Hard (Trappola di Cristallo)

Die Hard è un classico d’azione geniale, che ci ha regalato un protagonista imperfetto, vulnerabile e bloccato in una situazione estrema. John McClane (Bruce Willis) non è un supereroe, ma solo un normale poliziotto che affronta i terroristi e deve fare affidamento sull’ingegno per sopravvivere. Il film aveva una posta in gioco reale, un ritmo serrato e un solido arco narrativo. Poi sono arrivati quattro sequel che hanno completamente distrutto quel concetto. Improvvisamente, McClane è diventato un eroe invincibile: salta da jet, fa esplodere elicotteri e si allontana dagli scenari più assurdi senza un graffio. Il franchise ha barattato la tensione con uno spettacolo esagerato e denso di cliché, perdendo tutto ciò che aveva reso unico l’originale.

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Lo Squalo

Ne Lo Squalo (1975), Steven Spielberg ha costruito la suspance in modo magistrale, mostrando a malapena la belva e concentrandosi invece sulle reazioni umane, sulla paura e su una tensione che si consuma lentamente. È un film completo, con personaggi interessanti e una narrazione incisiva. Ma eccoci di fronte all’ennesimo caso in cui Hollywood non ha potuto resistere dallo sciupare un capolavoro. E, ironia della sorte, il franchise ha finito per affondare. Ogni sequel è andato di male in peggio, affidandosi a effetti speciali scadenti, narrazione pigra e idee paradossali, come uno squalo che cerca vendetta su una famiglia. Non solo si è persa l’essenza dell’originale, ma anche l’impatto culturale ne ha risentito, perché il franchise ha perso credibilità.

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Io vi Troverò (Taken)

Taken (2008) aveva una premessa solida e senza fronzoli: un ex agente che usa le sue abilità per salvare la figlia rapita. Una storia semplice, con un’azione avvincente e un peso emotivo. Liam Neeson ha centrato alla perfezione il ruolo dell’eroe determinato ma riluttante e non il film ha avuto un successo inaspettato. Il merito è della trama serrata, rafforzata da motivazioni chiare e coronata da un finale appropriato. Un sequel aveva senso, almeno in teoria. A conti fatti, si è rivelato un errore. Riciclare la stessa formula, declinata in sceneggiature sempre meno convincenti, ha dato vita ad un ciclo infinito di rapimenti e inseguimenti, con il protagonista che è sempre meno un padre disperato e sempre più un supereroe inarrestabile. È solo l’ennesimo esempio di una buona idea spinta troppo oltre, fino a perdere ogni mordente.

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