The Lunch box: la tenerezza al potere

The Lunch box, opera prima di Ritesh Batra, al cinema già da qualche settimana, è la storia tenera e semplice di un incontro che forse mai avverrà tra due anime sole . Se avete occasione, provate a non perderlo. Ecco la recensione di Virginia Zullo
The Lunch box appartiene alle produzioni indipendenti del cinema indiano che ha girato le spalle a Bollywood, la produzione è internazionale . “Rende un prodotto universale – afferma il regista – quando hai un finanziamento internazionale si vede la differenza. Collaborando si fa un film artisticamente rilevante anche rispetto ad altre culture”. Editor e direttore della fotografia sono statunitensi e ingegnere del suono e compositore tedeschi. Il film è incentrato su una figura tipica del mondo indiano, il dabbawalla “gli uomini pranzo”.
Inizialmente il regista voleva girare un documentario su questi “uomini-pranzo” di Mumbai, quasi cinquemila uomini, che ogni giorno distribuiscono milioni di scatole con il pranzo, fatto in casa, negli uffici della città. Accantonato il progetto del documentario ne è nato un film bellissimo.
L’atmosfera, perché l’atmosfera è tutto o quasi in un film, è fatta di quotidianità e silenzi, di luci sempre naturali. La protagonista, Ila, cucina tutti i giorni il pranzo per il marito, un uomo distratto e poco affettuoso che la tradisce; il pranzo per un errore di consegna arriva ad un altro uomo, l’impiegato Saajan, con il quale Ila intratterrà uno scambio di lettere meravigliose.
Saajan è un uomo solo, chiuso nella routine del suo meccanico lavoro, in una delle sue lettere a Ila scriverà : “Penso che dimentichiamo le cose quando non abbiamo qualcuno a cui raccontarle … ”
Le loro vite con la succulenta cucina di Ila e lo scambio di qualche dolce parola si uniscono magicamente . Il finale lascia aperta la domanda: s’incontreranno mai ?
Un tentativo di incontro c’è stato ma Saajan sentendosi ormai vecchio non ha il coraggio di avvicinarsi a quella donna bellissima giovane e ancora piena di sogni .
Un film malinconico e dolcissimo, come i due protagonisti immersi nelle loro esistenze fatte di squallore quotidiano e infiniti silenzi.
In una delle ultime lettere Ila scriverà:
“Ho letto da qualche parte che a volte il treno sbagliato ti porta alla stazione giusta “… (Virginia Zullo)