12 anni schiavo, perchè è un film imperdibile

12 anni schiavo (12 Years a Slave), fresco di tre Oscar è ancora in sala. Ecco la recensione del film che negli States diventa materia d’insegnamento nei licei
12 anni schiavo (12 Years a Slave) diretto da Steve McQueen e’ tratto dall’omonima autobiografia di Solomon Northup, pubblicata nel 1853.
Il film si è aggiudicato l’Oscar 2014 come miglior film e migliore sceneggiatura non originale, una statuina è andata anche alla miglior attrice non protagonista.
Si tratta di una storia semplice che incarna un archetipo narrativo intramontabile: l’Ulisse e il viaggio dell’eroe che dopo aver affrontato mille peripezie ritorna nella sua Itaca .
Ambientato nel 1841, prima della guerra di secessione americana, un giovane violinista di colore, sposato e con due figlie, in un’ America ancora razzista e spietata, viene imprigionato e schiavizzato da un feroce padrone, costretto a sopportare umiliazioni inimmaginabili per dodici anni, liberato, ritorna a casa dalla sua famiglia.
Il film procede lento, la regia classica come la storia, ha una sua eleganza, sembra un film d’altri tempi in particolare nell’uso delle dissolvenze e nei dialoghi costruiti cercando di rimarcare il più possibile la sintassi dell’epoca.
Se si pensa a Shame, il precedente film di Steve McQuenn, si riscontra una delle caratteristiche fondamentali per la riuscita di un film: la delineazione quasi maniacale del personaggio principale, per intenderci, quel riuscire a farci entrare letteralmente nella pelle del protagonista .
Il film, per un occhio un po’ smaliziato, reduce dalle ossessioni sessuali di Shame, può apparire lievemente retorico, non nascondo momenti di noia, ma è proprio nella retorica della denuncia dei soprusi e dell’aberrazione del razzismo che si regge tutta la narrazione .
Il film con la complicità di un elegante e patinata fotografia e grazie ad una regia estremamente classicheggiante acquista il vero sapore del C’era una volta …
Il protagonista Solomon, interpretato da un eccellente Chiwetel Ejiofor, è un Ulisse di colore che dopo aver attraversato tutta la sua odissea, ritorna finalmente a casa dove ritrova ciò che ha lasciato contro la sua volontà, plot semplicissimo ed efficacissimo con tanto di climax narrativo, svolgimento e lieto fine.
12 anni schiavo fa riflettere su un aspetto essenziale della narrazione cinematografica: gli archetipi vincono sempre e questa volta all’Odissea di Salomom è toccato l’Oscar. (Virginia Zullo)